Il fenomeno della morìa delle api , che dal 2006 è oggetto di allarme e di indagini a livello mondiale, è stato dunque chiarito: è quanto emerge dalle conclusioni di un’inedita quanto fruttuosa collaborazione tra ricercatori universitari ed entomologi dell’Esercito statunitense. La notizia, pubblicata dalla rivista scientifica PlosOne, è stata subito oggetto di un circostanziato commento apparso in questi giorni sul prestigioso quotidiano New York Times. Le cause del fenomeno - che finora erano state considerate anche in Italia come riconducibili prevalentemente ai pesticidi impiegati in agricoltura, agli Ogm o alle radiazioni elettromagnetiche - sono in realtà riconducibili alla esplosiva azione di Nosema ceranae (un fungo che in pochi anni si è diffuso in tutto il mondo a causa del commercio di api provenienti dall’Est Asiatico e dei mancati controlli sanitari alle frontiere) e al conseguente diffondersi dei virus che attaccano l’apparato intestinale delle api per poi decretarne spopolamenti e morìe . Le modalità di interazione di questi due nemici naturali delle api, per quanto non siano ancora interamente conosciute agli scienziati, di certo però producono effetti nefasti in presenza di elevati tassi di umidità o siccità e trovano terreno fertile al loro sviluppo quando le api non sono sottoposte ad un corretto e completo apporto nutrizionale di aminoacidi. Risultati che, a detta dei ricercatori dell’Università del Montana e di una Unità speciale dell’Esercito degli Stati Uniti, attiva presso l’Edgewood Chemical Biological Center di Baltimora, sono stati possibili grazie alle più sofisticate tecniche di indagine batteriologica. Quello che oggi appare più chiaro del passato è che la contemporanea azione di Nosema e Virus agisce negativamente sulla capacità di memoria o di navigazione delle api determinando una specie di “impazzimento” che spiegherebbe gli improvvisi spopolamenti degli alveari. Secondo la FAI – Federazione Apicoltori Italiani, tali ricerche spiegano le ragioni delle gravi mortalità invernali e meritano di essere immediatamente confrontate con i dati finora raccolti nel resto del mondo, ivi comprese quelle effettuate nel nostro Paese.
FONTE: FAI